
INTERVISTA ARTE LAGUNA PRIZE – Claudia Bonollo/Sophia Cromatica
Puoi raccontarci un po’ di te e del tuo percorso artistico negli anni?
Sono un’artista multidisciplinare, un architetto e una ricercatrice molto interessata alla sperimentazione. Da sempre coniugo il mio percorso artistico con una ricerca sull’atto creativo in tutte le sue possibili declinazioni, ovvero in qualsiasi campo della creazione che possa stimolare la mia curiosità. Nel 2023 ho realizzato un sogno, creare un alter ego artistico: Sophia Cromatica @sophiacromatica. Nei suoi spazi eterei di colore si ascende a una dimensione altra, corpo spirituale e terra celeste, “nel mondo ma non del mondo” scrive Branoalcollo che da sempre segue il mio lavoro. Da quando ho fatto questo passo, ignorando i consigli di tutti, sto sperimentando una libertà creativa completamente nuova.
Mi sono laureata all’UIA (International University of Art) con una tesi sulla comunicazione sociale e il cinema e alla Facoltà di Architettura di Venezia (IUAV) con una tesi sull’immaginario della città nel cinema: 8 luoghi non luoghi della Rêverie. Ho seguito i miei studi superiori a Londra (Bartlett School of Architecture) e a Madrid (ETSAM), città dove vivo attualmente da più di vent’anni.
Le mie fonti di ispirazione vanno al di là dei miei studi e spaziano dalle visioni mistiche del passato, il colore, l’immaginazione attiva fino alle ultime ricerche sulla neurobiologia e la fisica quantistica.

La mia prima opera importante è nata dallo studio del I Ching, un libro che mi accompagna da sempre e che ha stimolato la mia personale versione del libro delle Metamorfosi, tema ricorrente nel mio lavoro. Un lavoro minuzioso che durerà 3 anni.
Sono sinestesica e percepisco il colore come un suono. Gli anni veneziani sono stati fondamentali per sviluppare una forte sensibilità al colore e alle sue modulazioni. Nelle lunghe passeggiate osservando le metamorfosi del cielo e i riflessi di luce sulla laguna sono nati i miei primi libri di artista, i quadri quadrati e i mosaici di carta che si potevano comporre senza limiti e che hanno generato le mie prime collezioni cromatiche, presentate per la prima volta a Berlino in una personale all’Hotel Esplanade, lo stesso luogo in cui Wim Wenders aveva girato delle scene del film “Gli angeli sopra Berlino”.

Il mio primo lavoro per incarico invece è stato un Kesa, l’abito della Guarigione (un manto sacro a 11 bande) che ho realizzato reinterpretando un antico rito buddhista dell’IX sec. riservato alle monache donne. Oltre all’abito che rappresenta la reliquia più importante del Buddhismo, ho dipinto anche gli zagu, i piccoli tappeti per la meditazione nelle cerimonie nel Dojo e il piccolo Kesa per il Buddha. Le tele dipinte sono generalmente tessuti poveri e riciclati che io ho rigenerato attraverso l’arte. I tessuti trattati, una volta trasformati, sono passati a una dimensione corale: sono stati assemblati e impunturati con un filo di seta da una selezione di monaci provenienti da tutto il mondo. La mia visione personale del Kesa, al principio molto controversa (nessun artista che non fosse un religioso aveva mai dipinto un manto sacro), viene fermamente appoggiata dal Maestro Taiten del Monastero Buddhista Zen di Fidenza che continua a indossare il kesa ancor oggi durante le cerimonie principali.
Persuasa dell’importanza di un dialogo multidisciplinare in un’epoca fortemente segnata dalla specializzazione, nel 2002 ho fondato a Madrid l’Atelier Meta-morphic, luogo di promozione culturale oggi Atelier Cromatico, organizzazione di respiro internazionale e piattaforma per l’arte, la cultura e la ricerca ma, soprattutto, laboratorio sperimentale per un uso cosciente del colore.





Con questo spirito e in questo contesto, ho creato il concept CREATIVE INSOMNIA (le prime notti creative dedicate all’esplorazione tratrasversale di un colore) in cui si procede in modo analogico, avvalendosi ogni volta dell’apporto di studiosi, scienziati, musicisti, psicologi, ricercatori e artisti disposti a intraprendere una ricerca originale su uno degli innumerevoli aspetti semantici del colore. In questi happening notturni e in un clima gradevole, tanto il pubblico come i partecipanti vengono stimolati a vivere un’esperienza sensoriale immersiva. Sono già state organizzate con successo e una partecipazione straordinaria, alcune notti creative dedicate al rosso, arancione, giallo e verde. Il progetto CREATIVE INSOMNIA ha contribuito alla creazione di opere originali e multisensoriali ispirate dal colore. La ricerca si è estesa alla gastronomia d’autore, alla ricerca culinaria necessaria all’elaborazione e degustazione di buffet monocromatici frutto di un’intensa sperimentazione con Chef e cuochi di vari paesi. In questi avvenimenti culturali multidisciplinari, ciò che si evidenzia sono i diversi aspetti del colore, la sua inapprensibilità teorica, la sua dimensione multiforme applicabile a tutti gli aspetti della vita quotidiana, una maggiore consapevolezza del colore e dei suoi effetti, ma, soprattutto, si rivendica la creatività e l’arte come validi strumenti di ricerca e di sperimentazione.
Parallelamente, comincia la mia attività di ricercatrice, titolo universitario che ho ottenuto a Madrid. Ho organizzato il corso di teoria del colore alla Facoltà di Architettura all’Università S.E.K. di Segovia e una serie di seminari monocromatici (il Bianco, il Nero, il Rosso, l’Azzurro, il Verde, l’Oro, il Giallo…) con un accento speciale sulla simbologia e le applicazioni a tutti gli ambiti sociali nel corso della storia. IL COLORE NELL’ ARTE, un attraversamento del colore nell’arte, viene presentato per la prima volta all’Istituto di Cultura a Madrid ma da allora questi attraversamenti sono stati proposti in diverse sedi e periodicamente organizzo dei corsi e delle conferenze sul colore nelle sedi dell’ Atelier Cromatico.
Mi sono sempre interessata all’immaginario dell’architettura e alle sue sfumature più visionarie, tanto nella pittura come nel cinema. Sono nati così i miei primi meta-progetti (architetture che nascono da un colore o che cambiano di colore a seconda delle ore del giorno) e le “architetture-pensiero” sculture che si possono sostenere con una mano, fino alle “installazioni totali”, le prime elaborazioni di spazi sensibili, unendo arte, architettura e vari elementi (reali e virtuali) tra loro: la luce, le lightbox, le proiezioni su differenti supporti, in una messa in scena sensuale che stimola i sensi ed esplora le emozioni più profonde.
Tutte queste sperimentazioni confluiscono nell’elaborazione del mondo immaginario delle architetture di Tangramville, la città per giocare. I modelli, le sculture e le scenografie da me realizzate vengono esposte in varie sedi. Con la collaborazione dello STUDIO DAP di Milano, del critico Marco Brizzi di Firenze e del COAC (Colegio de Arquitectos de Cataluña), viene realizzato il primo CD rom interattivo per l’insegnamento dell’architettura ai bambini, con il Patrocinio della Comunità Europea (EUROPA 2000: “Architettura e Nuove Tecnologie”).
Selezionata da CAMERA (Conseil Audiovisuel Mondial pour les Ètudes et les Réalisations sur l’Art), dal CNRS francese e dal CICT/Unesco, dal 2001 ho cominciato a Parigi una serie di investigazioni multidisciplinari sulla cellula. In più di vent’anni, ho collaborato con professionisti di discipline diverse (medici, neurobiologi, psicanalisti, psicologi, teologi e sciamani) per creare un progetto multidisciplinare in costante evoluzione. Gli studi hanno generato due ricerche: SENZA BELLEZZA NON SI CURA e LE CORPS IMAGINÉ (il corpo immaginato) che continua ancora. Il progetto, che compie quest’anno 23 anni, si è diffuso a tutto il corpo umano e si esteso allo studio delle emozioni, alla felicità da un punto di vista biologico e alle reazioni del corpo in uno stato di benessere.
Le immagini cellulari vengono elaborate mediante suoni, colori e movimenti e si trasformano in mappe della coscienza, paesaggi interiori (metabiologie, cartografie dell’essere dove il corpo è rappresentato come un’icona sacra), spazi sensibili (ambienti virtuali, proiezioni dove sperimentare vari livelli di benessere), narrazioni cromatiche, cortometraggi, tecniche sperimentali di visualizzazione con i colori. Con il tempo, il progetto multidisciplinare si è trasformato nell’elaborazione di una vera e propria terapia come arte. Questi lavori sono stati presentati in distinte sedi internazionali e, nel ventesimo anniversario della ricerca, il progetto è stato pubblicato nei Proceedings dell’ Associazione Internazionale del Colore (AIC 2021).
Il mio primo spazio cellulare (installazione con musica e proiezioni) viene realizzato nel Patio dell’Istituto Italiano della Cultura di Madrid con il Patrocinio dell’Ambasciata Italiana. L’ultimo, La Ruta de la Vida, è stato inaugurato alla fine di settembre di quest’anno nella prestigiosa sede del Collegio dei Medici di Madrid durante Open House (26-29 settembre 2024) ed è diventata una mostra permanente.
La Ruta de la Vida è una sorta di topografia rigeneratrice che si dispone a curare la memoria di un luogo. Sono intervenuta in quella che veniva denominata come la ruta de los desamparados, ovvero degli indigenti di cui nessuno reclamava il corpo e che poi venivano inceneriti nell’antica sala di Anatomia. Attraverso delle frequenze cromatiche accompagnate da musiche, ho trasformato questo percorso doloroso in un itinerario in cui ho creato un corpus di 14 opere digitali: dalla cellula cosmica ai paesaggi cellulari fino agli organi immaginali e al Giardino del cuore, alpha e omega, principio e fine. Le opere esposte nel Collegio non sono solo visive. Ognuna possiede un codice QR che rimanda a una pagina web creata per l’occasione, dove l’immagine iniziale diventa un’immagine in movimento con musiche a diverse frequenze usate nella musicoterapia (da 432 hz a 963 hz).
Dal 2014 formo parte della Piattaforma VIDEOS DE AUTOR e una delle mie opere di video-arte, LA CELLULA CITTÀ, è stata selezionata nella mostra “SOCIAL CITIES – Self Identities, Common Places” e nella programmazione del festival internazionale di performance e cinema indipendente durante il 71º Festival del Cinema di Venezia.
Il colore non mi interessa solo come strumento culturale ma anche e soprattutto come elemento generatore di una trasformazione interiore. I mondi cromatici racchiudono potenzialità materiche, spaziali, emozionali, spirituali e si convertono in autentici luoghi dell’anima, paradigmi metonimici tra la visione interna ed esterna. Le “installazioni totali” diventano spazi sensibili in cui il colore si trasforma in un’esperienza.
In questa direzione vanno le diverse versioni delle mie Quantum Rooms, la più elaborata “LA HABITACIÓN CUÁNTICA” viene esposta nella mostra “CRUCES Y CONVERGENCIAS”, nel Museo La Neomudejar di Madrid, in cui ho organizzato anche una tavola rotonda con psicologhe, artiste e architetti donne che ne analizzano i vari aspetti. Le sperimentazioni sono continuate con le installazioni effimere a Cantercel (Montpellier Francia) e nella Fundación NMAC di arte contemporaneo (Vejer de la Frontera – Spagna) sempre accompagnate da conferenze e workshop.
L’ultima Quantum Room è stata selezionata all’interno di Proyector, plataforma de imagen en movimiento – 11 al 22 di settembre 2024 (https://proyector.info)

Art director della firma Monamour Natural Design, ho fondato e dirigo uno studio pionieristico in Spagna di eco & biophilic design, creando installazioni multisensoriali con il colore ed elementi vegetali e organici, combinando arte, natura e design. I giardini con piante naturali stabilizzate per interni, o quelli per esterni con flora autoctona siano essi verticali, orizzontali, curvi o geometrici, onirici, psicologici, letterari, tematici, o metafisici, sono paesaggi contemporanei con contenuti sensoriali, rigorosamente a misura dello spazio e delle persone.
Quando abbiamo fondato il nostro studio di eco & biophilic design ci siamo subito resi conto che introdurre la natura e la vita negli spazi era un progetto che andava ben oltre la mera distribuzione di piante, non si trattava nemmeno di coprire le pareti di muschio per soddisfare i parametri o gli standard delle certificazioni… Eravamo coscienti che potevamo e dovevamo aprirci a una prospettiva molto più ampia usando tutte le nostre competenze e tutti i nostri talenti e che solo così sarebbe stato possibile creare dei progetti che non fossero solo decorativi ma colmi di contenuti necessari alla creazione di una nuova percezione, più umana. La natura può trasformarsi così nel leitmotiv di una narrazione articolata che eleva gli spazi verdi a una dimensione qualitativa e non meramente quantitativa. La presenza di questi contenuti a scala umana esercita un potente influsso e genera un nuovo movimento che provoca un interessante cambio di sguardi e di prospettive. Mediante l’attivazione di queste nuove sinergie – che incoraggiano e stimolano la partecipazione diretta degli abitanti di questi spazi – il verde si trasforma in un motore del cambio. Oggi più che mai è necessario elaborare un’architettura sensibile capace di integrare l’empatia e la dimensione sensoriale perché al di là di avere delle influenze positive sulla nostra salute crea una nuova forma di pensare.
Da circa un anno e mezzo abbiamo cominciato a collaborare con il Collegio dei Medici di Madrid in un progetto denominato Arte, Natura e Salute: Biophilia in Progress e abbiamo creato per loro un percorso biofilico pensato per fomentare il benessere delle persone che lavorano nella prestigiosa sede. Non ci siamo limitati soltanto alla creazione di spazi personalizzati, ogni opera viene descritta e illustrata in un micro racconto, con dei contenuti culturali e degli stimoli ben precisi. Ogni tassello rimanda all’altro e così, poco a poco, sono nate delle opere ispirate da storie narrate, una sorta di mappa-racconto del benessere, un libro aperto che è possibile percorrere e interpretare in modi diversi.

Il progetto è stato selezionato da Open House e ha contribuito a far premiare il Collegio dei Medici di Madrid per essere uno dei progetti più innovativi all’interno dei vari Collegi professionali, ottenendo il prestigioso riconoscimento di Madrid Excelente.
Combinando arte e natura, luce e colore, empatia e attenzione alla percezione dell’utente, ovvero, interpretando la vita in tutti i suoi significati senza rinunciare alla sua complessità, è possibile creare spazi che ispirano, confortevoli e accoglienti oltre che belli e salutari.
Sei stata selezionata da PrimoPiano Cucine come vincitrice del loro Premio Speciale, con la quale stai realizzando un progetto davvero interessante. Com’è nata l’idea per questa serie di opere?
Il progetto per Primopiano mi rende particolarmente felice perché condividiamo dei valori che per me sono molto importanti: il lavoro ben fatto con un’ampia cura nei dettagli, quasi un approccio di alto artigianato che è perfettamente in linea con tutti i nuovi movimenti post artigianali e organici che stanno attraversando l’Europa, la ricerca del benessere attraverso un’attenzione ai fenomeni percettivi e alla sensorialità, la sostenibilità intelligente frutto di un’ecologia del pensiero e, last but not least, la possibilità di offrire alle persone un progetto personalizzato, tailor-made, pensato espressamente per loro. Una forma di empatia molto necessaria di questi tempi per aiutare e guidare le persone ad esprimere i loro gusti nella loro casa, il nucleo abitativo più importante.
Sono gli stessi valori che descrivono il mio studio di eco & biophilic design, che è stato il primo in Europa a occuparsi di paesaggi personalizzati per interni con piante naturali preservate. L’approccio del nostro studio è sostenible non solo perché lavoriamo con elementi organici ma anche e soprattutto perché è un modello impresariale ben preciso, che tratta la natura gli artigiani con cui collaboriamo con rispetto e sensibilità. Non è un caso che la prima mostra che hanno organizzato sul nostro lavoro con l’appoggio dell’Ambasciata francese e Dimad si chiami appunto, Organiques.

Qual è l’obiettivo di queste opere?

L’idea del progetto, un bassorilievo organico diviso in 4 quadrati che rappresentano 4 temi cari a Primopiano e suggeriti dalla configurazione del loro concept Kitchen by you, è di creare degli universi quadrati, astratti e diversi, che possano prestarsi a differenti interpretazioni e composizioni: un quadrato composto da 4 quadrati, un orizzonte (sequenza orizzontale) o un totem (sequenza verticale)… a seconda delle possibilità spaziali disponibili senza che l’armonia dell’insieme venga compromessa. Cambiando l’ordine dei fattori, il risultato è sempre stimolante sensorialmente. I 4 quadrati se disposti all’interno di un quadrato più grande rimandano ai primi pattern usati per fondare i luoghi: sono le protofigure di uno spazio originario e alludono, senza svelarla, alla sintesi di un quinto elemento, una sorta di quintessenza che converte la terra (il quadrato) in una stella (il cielo, il 5 occulto).
Ho elaborato un dossier che ilustra anche tutto il processo del work in progress e in cui sarà evidente l’approccio sperimentale, la ricerca incessante fino al risultato finale con le finiture minuziose che tanto ci caratterizzano, in una tensione costante per ottenere I migliori risultati possibili.
Non mi stancherò mai di ripetere che il biophilic design non è una ricetta né una lista di regole e precetti, come purtroppo spesso viene interpretato, bensí una nuova forma più sensibile e ricettiva di pensare e affrontare un progetto. Non importa se si tratti di un quadro vegetale, una scultura organica o una installazione effimera o su misura, il biophilic design e la biophilic art, a scale diverse, favoriscono la creazione di uno spazio personalizzato dove le persone, guidate dai sensi, possano sperimentare una sensazione di benessere e di stupore in una dimensione più ampia e inclusiva. Non si tratta solo di introdurre la natura negli spazi ma prestare attenzione a tutto ciò che ha a che fare con l’autentica etimologia della parola biophilia che vuol dire appunto amore per la vita. Cos’è la biophilia in fondo se non il desiderio e l’opportunità di fomentare l’amore per un luogo?
I progetti biofilici stimulano la nostra creatività migliorando l’attenzione, il rendimento, la salute e il benessere degli utenti con una forte riduzione dello stress e dell’ansietà. Un buon progetto biofilico crea autentici paesaggi per l’anima ed è vantaggioso in tutti i sensi, non solo per il valore aggiunto che apporta agli spazi ma anche e soprattutto per gli effetti benefici che genera sulle persone e sugli ambienti.
Dal tuo profilo emerge che sei un’artista multidisciplinare. Oltre al progetto per PrimoPiano Cucine, che altri tipi di opere realizzi?
Mi interessa in effetti la trasversalità, il dialogo tra discipline differenti. Mi piace studiare e investigare. Forse per il fatto di essere una donna percepisco l’arte come una dimensione concava, ricettiva, una propensione all’ascolto.
Il nostro immaginario è malato e io cerco di curarlo con tutti gli strumenti che ho a disposizione, attraverso il colore di cui mi occupo da sempre e l’immaginazione che non ha niente e a che vedere con la fantasia. L’immaginazione è una creazione attiva e orientata a un fine, una sorta di stato vigile della coscienza. Per questa ragione, mi interessano le emozioni e le nostre reazioni percettive, il nostro sentire appunto. Credo che un approccio più sensibile e empatico sia fondamentale in un’epoca dove assistiamo impotenti a una sorte di grave impoverimento sensoriale aggravato dai social: tutto sembra alla nostra portata ma non ci siamo mai sentiti così soli. Condivido con Arturo Duart l’idea che i nostri sensi, non siano contrapposti alla conoscenza delle cose bensì una forma potente di accedervi.
Dopo la pandemia, mi sono rimessa in gioco partecipando attivamente a concorsi ed eventi. Sono stata invitata e selezionata in una moltitudine di festival: Architects meet in Selinunte a cura dell’AIAC (Associazione Italiana di Architettura e Critica), Ostia Autumn School, AIC (Associazione Internazionale sul Colore), Congressi sul colore a Darmstadt CGM, Madrid Design Festival, Madrid diseña, Proyector, Bionic Festival, Open House, Luxembourg Art Prize dove tutti gli anni ricevo un Diploma di merito artistico, fino a Cruza Carabanchel, un importante festival multidisciplinare nato in un quartiere popolare, Carabanchel appunto, che si sta trasformando in uno dei quartieri più stimolanti per l’arte e il design non solo a Madrid ma a livello europeo. Artisti, galleristi e designer hanno contribuito a una trasformazione impressionante degli spazi, cambiandone completamente il destino. Si vive in una dimensione creativa dialogante dove la coralità è fondamentale e dove è ancora possibile viverla in modo naturale.
Ho lo studio in centro ma il mio atelier, dove creo le mie opere, è uno spazio conosciuto a Carabanchel, non solo per i creativi del quartiere ma anche e soprattutto perché, in occasioni speciali, è uno spazio aperto alla gente che assiste, con stupore e curiosità, alle nostre proposte e che spesso ci ringrazia per la bellezza e per i contenuti che stiamo creando nel loro quartiere. La partecipazione è straordinaria. Ed è questo credo, oggi più che mai, il compito dell’arte: aprirsi anche ai non addetti ai lavori, smettere di essere un elemento decorativo per pochi e intervenire con maggiore responsabilità per trasformare dei luoghi desolati in ambienti stimolanti e brulicanti di idee nuove.









In questi ultimi anni ho presentato Synaesthesia, un bassorilievo organico multisensoriale, the Green Planets, mondi trasparenti su misura, Blooming Cells, light box con cellule in fiore come tributo all’essere umano, spazi cromaticidove sperimentare esperienze, varie collezioni di tappeti volanti, frutto di un sapiente riciclaggio di elementi naturali e di plastiche pet trasformate in fiori, una nuova versione della quantum room… un’installazione multidisciplinare ispirata dal fisico quantico Amit Goswani, con una selezione di video sul colore per lavorare sulle proprie emozioni e sentire di nuovo con la possibilità di degustare acque informate (tributo a Masaru Emoto e alla sua ricerca sull’acqua)…
Negli ultimi tempi, ho cominciato a collaborare con Honevo-art, il creatore del Bionic Festival e con i suoi ballerini e coreografi per generare un nuovo movimento dove le piante e la descarbonizzazione nell’arte e nel design, sono al centro di una nuova rivoluzione ecologica. Quest’anno sarò membro del giurato e ne sono molto orgogliosa.
Riguardo ai tuoi progetti futuri: come pensi che quest’esperienza possa aver arricchito la tua carriera artistica? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
In verità, non si sa mai con precisione come e in che misura un progetto possa trasformare la tua vita o la tua carriera. Sono aperta e ricettiva. Caminantes no hay caminos… diceva Antonio Machado, un poeta spagnolo del secolo scorso che amo molto, hay caminos al andar. Il cammino si fa camminando per cui cerco di mantenermi vigile, in movimento e all’ascolto.
Suppongo che i miei progetti futuri siano continuare a elaborare con forza quello che ho seminato in tutti questi anni e che vivo con molta passione, ma il mio progetto più caro nel cassetto è un libro sulle mie ultime ricerche, soprattutto sull’esperienza incredibile che ho vissuto nel Collegio dei Medici di Madrid e in particolare con la Ruta de La Vida, ultima appendice della ricerca del mio lavoro pluriventennale il corpo immaginato (www.lecorpsimagine.com) che tanto ha trasformato la mia vita e il mio modo di pensare.
Il prossimo dicembre, se non vi sono ritardi burocratici, inauguraremo un’installazione in uno spazio pubblico, frutto di una intensa collaborazione con artisti provenienti da ambiti diversi che si chiamerà el Árbol de la Vida (l’albero della vita), un’installazione multidisciplinare dedicata alla simbologia della quercia, specie autoctona di Carabanchel e un’opera d’arte collettiva ispirata dal luogo e creata per la gente del quartiere.
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